Storia
I boschi planiziali della Bassa Friulana sono i resti dell’antica “Silva lupanica”, la grande foresta che un tempo ricopriva l’intera pianura compresa tra i fiumi Livenza ed Isonzo.
A poche centinaia di metri dall’alta linea di costa della Laguna di Marano Lagunare, inseriti nel territorio amministrativo del Comune di Muzzana del Turgnano, vegetano ancora due preziosi boschi planiziali di latifoglie le cui specie guida sono le farnie ed i carpini bianchi. Si tratta del bosco Baredi/Selva d’Arvoncli, di circa 170 ettari, e del bosco Coda di Manin, di circa 150 ettari. Sono due formazioni forestali ‘relitte’, distanti tra loro poche centinaia di metri, delimitate ad occidente dal canale Turgnano e ad oriente dal canale Cormor. A separarle fisicamente scorre tra loro il canale Muzzanella costeggiato dall’antica strada detta “Levada del Principe” che, nel periodo veneziano, univa la fortezza di Marano a quella di Palmanova attraversando la foresta e il paese di Muzzana.
I due boschi, che per la loro presenza abbondante di querce e carpini sono definiti “querco-carpineti”, sono i più estesi della pianura veneto-friulana e rappresentano, insieme ad altri piccoli frammenti tra i quali il Bosco Sacile nel vicino Comune di Carlino, le ultime vestigia dell’antica Silva Magna, oggi meglio nota come Silva Lupanica, la foresta di lupi che alla fine delle grandi glaciazioni del Würmiano (circa 10000 anni fa) cominciò progressivamente a ricoprire senza soluzione di continuità l’intera pianura Padana. Si tratta pertanto di boschi “relitti”, sopravvissuti a secoli di sfruttamento antropico e crisi climatiche, che rappresentano oggi un prezioso scrigno di biodiversità in cui resistono e vegetano centinaia di specie di piante, muschi e funghi. Molte di esse sono oramai scomparse dalla pianura antropizzata circostante.
La conformazione geologica della zona determina la presenza frequente di risorgive, ossia di polle in cui affiora acqua di falda. Tale conformazione fa sì che nei Boschi di Muzzana resistano dei ‘relitti glaciali’, ovvero specie microtermiche che sopravvivono grazie a temperature del suolo che rimangono inferiori a quelle delle aree circostanti grazie all’azione dell’acqua di falda affiorante. Tra queste il Populus tremula, il Lilium martagon, il Veratrum album.
Queste specie ci raccontano di un lontano passato quando circa 11.500 anni fa ebbe termine l’ultima glaciazione Würmiana e le specie degli areali alpini lentamente riconquistarono le zone fino a prima ricoperte da ghiacciai, dapprima con formazioni di pino silvestre e successivamente (circa 6-7000 anni fa) con i querco-carpineti tuttora presenti. Altrettante specie della micro e macro fauna, legate tra loro in uno delicato equilibrio simbiotico, convivono con esse.

Anton von Zach (a cura di), Topographisch-geometrische Kriegskarte von dem Herzogtum Venedig, 1798-1805, particolare dei boschi di Muzzana, XVI.12-XVI.13, 1801-1802, Österreichisches Staatsarchiv Kriegsarchiv, Vienna.
“che se non fossero li boschi dalli quali ai tempi debiti et opportuni si serviamo saressemo isforzziati a bandonare il paese et morirssi di fame”
(Vicinia Comune di Muzzana, 12 luglio 1598)
Queste foreste, che in epoca romana appartenevano all’antico Agro di Aquileia, erano considerate sacre e rappresentavano una irrinunciabile fonte di sussistenza per gli abitanti della zona, oltre ad offrire un rifugio sicuro per gli animali.
Già a partire dal periodo feudale friulano, nel IX secolo, la zona era denominata “silve et pratis” (espressione latina per “boschi e prati”) e occupava l’intero territorio comunale inserito tra la Muzzanella e il Turgnano a sud del paese; erano proprietà del Patriarca di Aquileia che nella seconda metà del XIII le investì in feudo ai conti di Gorizia.
Nel 1312 la disponibilità della foresta passò dai conti goriziani alla famiglia dei signori di Strassoldo, loro fedeli vassalli. Nel 1366 tutti i beni feudali degli Strassoldo furono ceduti al Comune di Muzzana con un contratto enfiteutico perenne che, nel corso dei secoli, ne decretò il definitivo possesso. Nel successivo periodo medievale, sotto il dominio della Repubblica di San Marco i boschi rappresentarono un’importante fonte di reddito per il Comune grazie al commercio navale di legname lungo le rotte fluviali e lagunari dirette all’Arsenale veneziano.
L’epoca moderna fu caratterizzata dalle opere di bonifica integrale delle paludi di Muzzana del primo ‘900 con un importante riassetto fondiario che decretò una sostanziale riduzione della superficie boscata a favore di quella coltivabile, fino quasi a comprometterne l’esistenza.
Le vicende dei tempi passati hanno creato un legame viscerale mai sopito tra la comunità di Muzzana ed i suoi boschi. Attualmente i boschi sono soggetti a leggi specifiche di conservazione a livello europeo, nazionale e regionale che ne tutelano l’integrità territoriale. Grazie a questo quadro normativo nei primi due decenni del nuovo secolo le varie amministrazioni comunali non solo ne hanno promosso la tutela con opportune iniziative, ma hanno anche potuto ampliarne la superficie riconoscendone il valore ecologico, sociale e storico.